Il Sole24Ore – Italia ferma nella pagella del merito

Ranking internazionali. Ultima tra 12 Paesi secondo l’Università Cattolica di Milano

di Maria Cristina Origlia
Se guardiamo ai numeri, un miglioramento dello “stato del merito” dell’Italia nell’ultimo anno c’è stato, ma talmente impercettibile da non sollevare neppure un refolo del vento di cambiamento che tanto servirebbe. Difficile definire diversamente un +0,06% registrato dall’ultimo Meritometro, l’indicatore quantitativo di sintesi e misurazione del merito a livello Paese. Rispetto ai 12 stati europei valutati dal Forum della Meritocrazia – grazie a un team di ricercatori dell’Università Cattolica di Milano che ha messo a punto lo strumento da un paio di anni – l’Italia rimane in ultima posizione nel ranking 2016 su tutti i pilastri, come nella prima edizione del 2015.
Di fatto, quindi, il trend del Paese è stazionario. «Un risultato dovuto anche all’attività del Governo, segnata da alcune manovre positive, ma controbilanciata da azioni che hanno frenato la spinta innovativa – avverte Nicolò Boggian, direttore generale del Forum -. Così rischiamo di perdere le partite più critiche del XXI secolo, in primis quella dell’attrazione dei talenti, che si intreccia con la crisi demografica e la necessaria innovazione del welfare per contemperare le esigenze dei giovani e degli anziani».
L’andamento dell’Italia si inserisce in un’Europa che nel complesso migliora, con un lieve rallentamento dei primi della classe (Finlandia, Norvegia, Gran Bretagna, Austria) e un’altrettanto lieve accelerazione del cluster debole, grazie più alla Spagna e alla Polonia che all’Italia.
«La distanza che ci separa dai best performer rimane imbarazzante» commenta Giorgio Neglia, coordinatore del team di lavoro e consigliere del Forum della Meritocrazia. Con un punteggio di 23,4 abbiamo un distacco di oltre 40 punti dalla Finlandia, quasi 30 dalla Germania, 20 dalla Francia, mentre aumenta il gap con la Polonia (oltre 16 punti) e la Spagna (oltre 12 punti). «Dobbiamo riconoscere che alcuni segnali positivi, seppur minimi, ci sono – afferma Neglia -, a partire dal pilastro Libertà, che ha registrato la migliore performance, probabilmente per l’impatto della riforma del lavoro, valutata positivamente dalle agenzie internazionali; sul parametro Pari opportunità, dove il fattore donne indica un progressivo miglioramento, mentre sui giovani pesa come un macigno la zavorra dei Neet che non diminuisce abbastanza; e sul fronte Trasparenza, principalmente grazie all’azione dell’Autorità Anticorruzione, che Transparency International ha riconosciuto facendoci guadagnare 8 posizioni nell’indicatore sulla percezione della corruzione».
Tuttavia si poteva e doveva fare di più e meglio. «Ad esempio, la Buona Scuola con il nuovo ruolo dei presidi, o la Scuola in chiaro vanno nella giusta direzione, ma come si conciliano – si chiede Boggian – con l’assunzione di 68mila precari in maniera affatto meritocratica, a stipendi da fame? O, ancora, come spiegare il mancato allineamento tra la riforma della scuola e quella del mercato del lavoro, che non aiuta ad attenuare il tasso di disoccupazione?». Quanto ai pilastri con segno negativo «l’arretramento più forte è avvenuto sulle Regole: la giustizia civile e quella penale ancora troppo lente e farraginose finiscono per allontanare gli investitori stranieri – segnala Neglia . Segue l’Attrattività dei talenti, fattore su cui pesa la mancanza di una policy organica oltre al depotenziamento di alcune misure, come la legge 238/2010 sul rientro dei cervelli.
Infine, anche la Qualità del sistema educativo segna il passo per i dati sull’educazione terziaria e il tasso di abbandono degli studi». Ora si attende la riforma della Pa, su cui il Forum della Meritocrazia auspica un avvicinamento tra le regole che governano il privato e il pubblico, sia nel ruolo della dirigenza sia nella gestione dell’organizzazione, con la creazione dei presupposti di una gestione più sana, trasparente e misurabile, ad esempio, delle partecipate. «Per invertire il trend, servirebbero almeno un paio di interventi forti e chiari – conclude Boggian -.
Alcune perplessità della Ue sulla Legge di Stabilità dimostrano che è più che mai necessario individuare linee di investimento mirate a uno sviluppo sano, in un ecosistema realmente competitivo che premia il merito nell’interesse di tutto il Paese».

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