Il Sole 24 Ore – Un capitale umano da valorizzare meglio
- 10 novembre 2014 Notizie Rassegna Stampa
di Maria Cristina Origlia
Management. Indagine Forum della meritocrazia-Great place to work Institute Italia
La meritocrazia in Italia fa ancora paura. Tutti ne parlano, ma pochi la praticano, in azienda come nella Pa, e ancor meno desiderano essere misurati su aspetti spinosi, quali la credibilità del management o il riconoscimento dei meriti individuali.
Ad aprire un varco ci ha pensato il Forum della meritocrazia con la prima indagine «Leadership & meritocrazia», condotta dal Great place to work mo i risultati che saranno presentati questa sera a Milano al convegno «Come trasformare le aziende italiane in great company» (ore 18, presso Siam 1838,via Santa Marta 18).
Cosa pensano, dunque, i lavoratori della capacità di leadership e di valorizzazione del capitale umano nelle loro organizzazioni? Ebbene, i quasi 16mila rispondenti al questionario online, che lo stesso Roger Abravanel, presidente onorario del Forum, ha estrapolato dal Trust Index© del Gptw, esprimono una valutazione molto critica. Il gap sulla percezione generale è del 16% rispetto alle 35 aziende Best Italia, del 24% rispetto alle 25 Best Europe, del 25% rispetto alle 25 Best Global. «E si tratta della media delle 43 aziende che hanno aderito all’iniziativa, non di tutte le imprese italiane – nota Nicolò Boggian, direttore generale del Forum -. Un’ulteriore analisi, condotta da Doxa 2.0 su un campione del settore pubblico e privato, misura un gap addirittura del 50 per cento».
La concretezza dei quattro indicatori di valutazione della qualità del management – credibilità (fai quello che dici), meritocrazia (promuovi chi se lo merita), valorizzare le persone (responsabilizza e fai crescere), collaborazione (favorisci lo spirito di squadra) – non lascia dubbi interpretativi sulle risposte ricevute.
«L’indagine svela che i manager italiani sono spesso dei bravi professional, cresciuti sino a ricoprire posizioni per le quali non sono stati formati – commenta Alessandro Zollo, ceo di Gptw Institute Italia –. Fare il manager è un altro mestiere: consiste nel saper creare le condizioni organizzative ottimali affinché il team possa lavorare al meglio, in autonomia, dando fiducia e responsabilità».
A dominare, invece, è ancora un esercizio del comando basato sul controllo, che penalizza le imprese nel tempo: all’aumentare della permanenza in azienda la forbice di percezione, tra chi lavora in ambienti favore-
voli e chi no, aumenta vistosamente. «È quello che noi chiamiamo effetto meritocrazia – spiega Zollo -. A parità di condizioni iniziali, dopo i 15-20 anni di anzianità, le valutazioni delle aziende migliori si impennano, mentre le altre precipitano».
Un gap culturale che paghiamo molto caro: il nesso tra qualità del lavoro e performance economica, oggi, è così stretto che il World Economic Forum ha pubblicato il primo Human Capital Report, una mappa della competitività mondiale in base al capitale umano. «Non c’è dubbio che la meritocrazia sia l’elemento più sfidante nel promuovere una cultura aziendale people oriented – osserva Boggian -, perché implica sanzionare indirettamente il demerito, cosa scomoda e impopolare».
Gli strumenti per cambiare le cattive abitudini non mancano, dalle indagini di clima a piani di carriera trasparenti ed equi, ma «spesso in azienda si preferisce mantenere il consenso piuttosto che sollevare problemi, che vanno poi risolti – conclude il direttore del Forum della meritocrazia -. Per superare questo modus operandi, stiamo lavorando su tre fronti: i Cda, i giovani talentuosi, la Pa e il Governo, a cui va riconosciuto il tentativo di cambiare le regole per liberare il Paese da un immobilismo causato spesso, per l’appunto, da persone arrivate in posizioni di grande responsabilità non per merito…».