L’Italia nella palude della mediocrazia: i risultati del Meritometro 2018

Aggiornamento annuale del Meritometro, l’indicatore scientifico per misurare il livello di meritocrazia di un Paese.

L’Italia, si sa, non è un paese meritocratico. Questo è, purtroppo, il comune sentire. Ma quali sono i reali contorni del fenomeno? Il Forum della Meritocrazia, con il supporto di una équipe di ricercatori dell’Università Cattolica, ha messo a punto il Meritometro, primo indicatore di sintesi, misurazione e comparazione del merito. Lo strumento, giunto al quarto anno di rilevazione, si basa su sette pilastri – libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza, mobilità sociale – e, attraverso indicatori e dati provenienti da statistiche ufficiali, definisce e quantifica il merito a livello di sistema paese.
Il ranking 2018 fotografa un Europa a tre velocità. I paesi scandinavi (Finlandia, Norvegia, Danimarca, Svezia) restano i “best in class”. Segue il blocco dei paesi virtuosi (Olanda, Germania, Gran Bretagna, Austria e Francia) e nella parte bassa della classifica si posizionano i paesi in “deficit di meritocrazia” (Polonia, Spagna e Italia). Vincono i paesi con un sistema di regole chiaro e trasparente, che garantiscono pari opportunità nell’economia e nella società.
Il nostro Paese, per il quarto anno consecutivo, si conferma – con 23,57 punti – in un’ultima posizione, a 43 punti dalla Finlandia (prima in classifica) e 9 punti dalla Spagna (penultima). In sostanza, un’Italia “immobile” con un livello di meritocrazia fermo ai valori del 2015.
La qualità del sistema educativo continua a registrare valori al di sotto le medie europee sugli abbandoni scolastici e sul tasso di educazione terziaria. Dati che rendono quanto mai difficoltoso l’accesso dei giovani al mercato del lavoro, non favoriscono l’attrattività per i talenti e minano alle fondamenta le potenzialità competitive del paese dinanzi alla quarta rivoluzione industriale. Segna il passo la “libertà”, che è la cartina di tornasole della capacità del sistema di garantire condizioni idonee a valorizzare le iniziative di cittadini e imprese. Il peggioramento è ascrivibile alle inefficienze del mercato del lavoro, ad un sistema bancario nel complesso debole e a una “burocrazia” troppo lenta e complicata.
Miglioramenti si registrano sulla trasparenza e le regole, grazie alla positiva azione anticorruzione portata avanti in modo strutturale negli ultimi anni, anche se su questo fronte i gap restano ancora notevoli (siamo a 40 punti dalla Germania). I risultati sulle pari opportunità evidenziano una lieve riduzione dei NEET (-1.5%), frutto (purtroppo debole) delle politiche di incentivazione al lavoro dei giovani, anche se il dato sull’inattività giovanile resta drammaticamente il più alto d’Europa e il “brain drain” non si arresta. Per le donne, il “soffitto di cristallo” rimane ancora una barriera consistente, con risultati sui livelli dello scorso anno, pur registrandosi un positivo incremento delle donne in posizioni manageriali (+1%) e nei board (+4%).
Le ragioni di questa situazione nel complesso non certo rosea per l’Italia affondano le proprie radici nella cultura del Paese che penalizza la valorizzazione del merito a vantaggio di altri meccanismi, purtroppo prevalenti, di promozione sociale, come l’appartenenza e le relazioni. In questa originale “melassa” culturale la “mediocrazia” finisce per essere il vero motore dell’intero sistema, dalla politica al mondo del lavoro, fino alla scuola e alla formazione. Un sistema bloccato e tendenzialmente chiuso che, non riuscendo, né a valorizzare le eccellenze, né a garantire pari opportunità, finisce per scontentare tutti, tranne chi da questa situazione continua (indisturbato) a lucrare consistenti rendite di posizione.
Per intaccare lo stock di debito meritocratico del Paese sono necessarie azioni decise e strutturali. La sfida non è impossibile e può essere vinta partendo dai territori, dalle organizzazioni pubbliche e private, dalla scuola e dai giovani, che più di tutti hanno il diritto di vivere in un Paese meritocratico.
Giorgio Neglia,
Consigliere Forum della Meritocrazia

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