Oggi 7 – Binomio (im)possibile?

Fuga di cervelli: il Bel Paese e il merito pare non vadano d’accordo. Si fa carriera per raccomandazioni e “amicizie”.

CHE SI DICE IN ITALIA
di Gabriella Patti
Ancora una volta l’Italia ultima in classifica in Europa. Di quale classifica, questa volta? Di quella sul merito. Nel Belpaese sono molto scarse le reali possibilità concesse al singolo individuo di emergere – professionalmente, socialmente, economicamente – grazie alle proprie forze e capacità. Ancora oggi finiamo italicamente per fare carriera grazie alle solite raccomandazioni e “amicizie”. Il che spiega perché, sempre più spesso, i nostri migliori talenti prendono la porta di casa: se ne vanno all’estero e non tornano. Insomma: l’Italia e il merito sono davvero un binomio (im)possibile? È questo il titolo di una interessante ricerca, presentata l’altro giorno durante un convegno in Senato.
La ricerca è opera del Forum della Meritocrazia. Nato nel 2011 dall’idea di alcuni lungimiranti dirigenti decisi a non arrendersi all’andazzo che impera da secoli nella Penisola, il Forum ha messo in piedi un “meritometro”. È uno strumento di analisi, in parte empirico in parte con solide basi scientifiche elaborato in collaborazione con una equipe di esperti dell’Università Cattolica di Milano. Si basa su sette pilastri, o parametri: libertà, pari opportunità, trasparenza, regole, mobilità, attrattività dei talenti e qualità del sistema educativo.
Ebbene: sui 12 paesi europei presi in considerazione, la posizione dell’Italia è davvero sconfortante. Ultimi in tutti i campi, sempre dietro gli inarrivabili paesi scandinavi e del Nord, ma anche dietro a Spagna e Polonia. Siamo penultimi – il goal della bandiera, si direbbe in termini calcistici – soltanto nell’attrarre talenti: questo sciagurato Paese ha troppe bellezze e genialità individuali che, inevitabilmente e per fortuna, finiscono per attirare comunque. La triste realtà, come ha sintetizzato Giorgio Neglia, consigliere del Forum e tra gli “inventori” del meritometro, è che «l’Italia totalizza un punteggio pari a meno della metà della Finlandia, ma anche inferiore di oltre dieci punti alla Polonia e alla Spagna» (i dati completi su: www.forumdellameritrocrazia.it).
Ecco spiegato perché i nostri giovani migliori se ne stanno andando. A conferma basterebbe “Addio per sempre?” (IDE, Italic Digital Editions) il libro e ebook di Enzo Riboni, giornalista del Corriere della Sera, tra gli invitati al convegno. Sui 101 giovani di cui Riboni racconta la storia, tutti laureati con ottimi voti e andati all’estero a cercare un lavoro e un’opportunità che in Italia non riuscivano a trovare, soltanto in otto sono rientrati, spesso non per scelta loro. E tutti e otto sono molto avviliti. Ecco perché, come ha detto Claudio Ceper, presidente del Forum della Meritrocrazia «diffondere la cultura del merito è indispensabile per permettere all’Italia di recuperare competitività sullo scenario internazionale».
Insomma: quello dell’altro giorno, secondo noi, non è stato un convegno come i mille altri che vengono organizzati ogni giorno. Sollecitati e animati da Maria Cristina Origlia, coordinatore editoriale de L’impresa Sole 24 Ore, gli intervenuti tra cui Sandro De Poli, presidente di General Electric Italia, Cristina Messa, rettore dell’Università Milano-Bicocca, Marco Scippa, vice presidente di Vitec Group hanno offerto una speranza. Qualcosa si può o si potrebbe fare. E l’intervento di Linda Lanzillotta, vice presidente del Senato e quindi “padrona di casa”, incoraggia in tal senso. Il suo non è stato un discorso di maniera, da politico pronto a saltare da un microfono all’altro. Ha spiegato i danni provocati dall’antico malcostume di una certa politica e di un certo sindacalismo: essere eguali ed avere pari opportunità in partenza è giusto ed è una conquista democratica, ma l’errore e la colpa di decenni di un’intera classe politica e di una mentalità fintamente egualitaria è di voler tenere tutti al ribasso, impedendo ai meritevoli di emergere in nome di un castrante “siamo tutti uguali”. Ovvero: chi è bravo, faccia il piacere di abbassare la cresta e restare nella palude. Così, però, non si fa crescere una nazione e un popolo. La buona notizia, quindi, è che in questa era renziana – e non è un caso che in tanti remino e gufino contro – cominciano a esserci politici diversi da quelli che da oltre mezzo secolo hanno impantanato gli italiani bravi. Speriamo bene.

Anche tu puoi contribuire al riconoscimento del merito