La nuvola del lavoro del Corriere.it – Se più articolo 18 vuol dire minor merito

di Nicolò Boggian
 
Una recente ricerca del prof. Edmans della London Business School sul mercato del lavoro che analizza circa 2,7 milioni di osservazioni su dati di great place to work e una media di 40.000 aziende in 10 anni ( http://www.voxeu.org/article/employee-satisfaction-and-firm-value ), mostra come buone politiche di welfare aziendale per i dipendenti generano significativi vantaggi economici per le aziende.
Il meccanismo per cui questo avviene dipende dal fatto che dipendenti più soddisfatti producono di più e meglio e che le aziende migliori trattengono i migliori talenti e ne attirano altri. Se aggiungiamo che i talenti si attraggono tra di loro e migliorano lavorando assieme si capisce la portata di questo risultato. Uno dei meccanismi più importanti per migliorare il benessere di un lavoratore è certamente quello di premiare i buoni risultati con incentivi economici o con altre forme di “guadagno” anche non economiche, per esempio comunicando agli altri i suoi buoni risultati, inserendolo in team di lavoro di alto livello e premiandone l’impegno con riconoscimenti di vario genere (flessibilità nell’orario di lavoro, formazione, asilo nido aziendale etc.). Insomma trattare bene i dipendenti è economicamente vantaggioso, anche se il “mercato” spesso non se ne accorge, come suggerisce la ricerca.
Un ulteriore e importante corollario di questa ricerca è che questo “vantaggio” cresce in mercati del lavoro flessibili e diminuisce in mercati del lavoro regolati. Perché?
Se un’azienda è poco libera nello spostare, promuovere, demansionare, licenziare o assumere nuovi collaboratori molte delle sue “leve” per migliorare l’ambiente lavorativo tendono a diminuire e questo può arrivare a pregiudicare i suoi risultati economici.
Insomma se le aziende hanno molti vincoli nel retribuire, nell’assumere, licenziare e gestire i propri dipendenti liberamente saranno meno libere di attuare politiche che creino soddisfazione nei dipendenti. Facendo qualche ragionamento si può quindi dire che in un mercato del lavoro fortemente regolato, come il nostro, per le aziende è meno importante premiare i lavoratori, soprattutto i migliori, per le loro buone performance, aiutarli a gestire bene il loro work life balance, attrarre i migliori talenti, selezionare bene il personale etc. Questo perché l’insoddisfazione e di conseguenza la cattiva produttività di un dipendente non sono temi che possono essere liberamente gestiti.
Una possibile interpretazione è quindi che il nostro statuto dei lavoratori (leggasi art.18) ha forti probabilità di danneggiare le performance economiche delle aziende e disincentiva quest’ultime a premiare il merito .
Lo svantaggio legato al nostro statuto dei lavoratori (leggasi art.18) non è però quello comunemente discusso ovvero di impedire alle aziende di ridurre il personale nei momenti di difficoltà di mercato, cosa peraltro possibile con gli attuali strumenti di diritto del lavoro, ma di impedire che ci sia Meritocrazia e libertà di azione quando le cose sembrano funzionare. Se quindi le aziende italiane sembrano avere forti difficoltà nel gestire bene il proprio capitale umano, si veda la loro scarsa presenza nelle classifiche di Great Place to Work, lo si deve anche ad una forma di disincentivo normativo e istituzionale.
Insomma l’articolo 18 sembra danneggiare la performance delle aziende e se consideriamo lo stato della nostra economia si capisce bene questo quanti problemi comporta. Se poi consideriamo il mercato del lavoro più regolato che esista, quello della Pubblica Amministrazione, capiamo quale mostruoso problema economico abbiamo di fronte, ma anche quanti margini di miglioramento.
Sarebbe quindi necessaria una forte liberalizzazione del mercato del lavoro privato e pubblico, una riforma a costo 0 che servirebbe a rendere le aziende italiane e la Pubblica Amministrazione più produttiva e i dipendenti più soddisfatti. Nell’attesa che questo succeda sarà comunque auspicabile che le aziende italiane imparino a misurare la soddisfazione dei propri dipendenti e a favorirla tramite opportune politiche visti i risultati positivi che questo fattore genera.
Forse quando questa consapevolezza sarà più diffusa, anche tra lavoratori e sindacati, sarà minore la resistenza a cambiare il nostro diritto del lavoro.

Anche tu puoi contribuire al riconoscimento del merito