Brexit, chi sceglie l’Italia avrà sgravi

La gara per accaparrarsi i cervelli in fuga da Londra è cominciata e l’Italia vuole giocarsela alla pari con Francia e Germania.

A farci entrare ufficialmente in pista è una norma della legge di Bilancio per invogliare manager, scienziati e liberi professionisti di qualunque Paese a prendere qui la loro residenza fiscale. «In seguito alla Brexit» dice a Panorama il capo della Segreteria tecnica del ministero dell’Economia, Fabrizio Pagani  «si sposteranno decine se non centinaia di migliaia di persone. Pensiamo di poterne portare un buon numero in Italia, in particolare a Milano. Ci aiuterebbe a internazionalizzare il sistema italiano, con benefici anche per le piccole imprese».
Se un tempo il dibattito era su come far tornare a casa i cervelli italiani, ora non si guarda più tanto alla nazionalità ma al possibile contributo alla crescita nazionale. Va in questo senso anche l’estensione ai liberi professionisti delle agevolazioni riservate finora ai lavoratori dipendenti, che testimonia l’intento di spargere un po’ di lievito sull’economia.
Chi entra (o chi rientra: la norma vale anzitutto per gli italiani all’estero) godrà cinque anni di esenzione fiscale sul 50 per cento del reddito contro il 30 di oggi. 
Per i ricecatori universitari sale addirittura al 90.
I nuovi arrivi saranno coccolati anche dal punto di vista burocratico, consentendo loro di svolgere le pratiche on line anziché in fila allo sportello. Unici requisiti richiesti: possedere una laurea (il testo usa l’espressione  «cittadini qualificati» e non aver avuto la residenza in Italia negli ultimi cinque anni.
Fra i più soddisfatti c’è il Forum della meritocrazia, organizzazione non profit che collabora da più di un anno con il governo per questo progetto. 
 «Dai dati dell’Agenzia delle entrate» spiega la consigliera Patrizia Fontana  «si ricava che dal 2012 al 2014 i 4.500 talenti rientrati hanno portato all’incirca 300 milioni di Pil. Il nostro impegno è far crescere questi numeri». Le nuove agevolazioni, se confermate dal dibattito parlamentare, darebbero una gran mano. 
Anche se l’ultima parola non più che spettare ai cervelli, italiani o stranieri che siano, e alla loro opinione sull’Italia.

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