Meritocrazia è cambiamento e il cambiamento spesso è questione di meritocrazia

Stop ai diritti acquisiti: così si cambia l’Italia

Tra le molte strade che si sentono proporre per cambiare le Aziende e il Paese quella del Merito resta la più semplice, se viene compresa davvero e non diventa una scusa per procurarsi dei vantaggi sugli altri.
Meritocrazia significa dare opportunità a tutti, in particolare agli “outsider” come i giovani, le piccole e nuove imprese, le donne, gli immigrati e le persone del Sud, evitando meccanismi che li escludano.
Non sono del tutto corretti per esempio i sistemi di selezione basati su titoli acquisiti perché discriminano chi quei titoli non ha ancora avuto la possibilità di ottenerli.  Non sono nemmeno efficienti perché limitano la competizione tra pochi che rischiano di “sedersi” su questo vantaggio.
Queste gare e selezioni dovrebbero invece basarsi il più possibile sulla misurazione delle competenze e sulla motivazione a raggiungere i risultati e non su titoli formali, esperienze o referenze particolari.
Meritocrazia è però anche libertà di scegliere e di allocare le risorse nel modo migliore.
Quindi è opportuno misurare le performance e fare periodicamente una rotazione degli incarichi e nuove gare per assegnarli, evitando diritti acquisiti e concessioni immutabili.
Troppi diritti acquisiti e limiti alla libertà di competere e alla misurazione dei risultati
Fanno sì che la produttività resti bassa, che molte aziende non si rinnovino, che la disuguaglianza aumenti, che molte persone di Talento lascino il
Paese, che gli immigrati fatichino ad integrarsi e che si creino gruppi e corporazioni chiusi che blocchino l’innovazione e il cambiamento.
Bene allora quei meccanismi che supportano le pari opportunità se servono a cambiare la cultura.
Bene allora le gare pubbliche se realmente aperte a tutti.
Bene dare libertà e discrezionalità ai manager se dimostrano cultura del Merito.
Bene un educazione pubblica di qualità e il diritto allo studio se si traducono in reali opportunità.
Bene la misurazione della conoscenza per gli studenti, la misurazione della performance per i dipendenti pubblici o per i membri di cda se non diventano un feticcio fine a se stesso.
Bene attrarre quei manager e talenti abituati a lavorare in contesti meritocratici se sanno e vogliono adattarsi a contesti diversi.
Equità e libertà così come misurazione delle competenze e dei risultati e riconoscimento dei meriti sono due facce della stessa medaglia e non possono essere disgiunte se vogliamo vera Meritocrazia.
Nella società, nello stato e nelle aziende è ragionevole che ci sia un equilibrio tra continuità e cambiamento ma questo equilibrio oggi è sbilanciato sulla continuità.
Questo è spesso un limite quando le cose vanno bene, figuriamoci quando non è così.
di Nicolò Boggian

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