L’impresa – Come sta la meritocrazia in Italia
- 11 novembre 2015 Notizie Rassegna Stampa
di Alessandro Zollo
Per il secondo anno consecutivo Great Place to Work®, il Forum della Meritocrazia e, da quest’anno, AIDP – Associazione Italiana per la Direzione del Personale – pubblicano i dati del loro osservatorio annuale su Leadership e Meritocrazia in Italia. L’evento di presentazione è il SAP Forum, che ogni anno si distingue come appuntamento di incontro della community italiana della multinazionale tecnologica tedesca.
Come sta la meritocrazia in Italia? Purtroppo ancora non molto bene, ma sta migliorando. I 21.597 dipendenti di 51 aziende di matrice e cultura italiana che hanno risposto alle 12 domande selezionate da Roger Abravanel, ci spiegano come la credibilità nel management, la meritocrazia, la valorizzazione dei talenti e la collaborazione siano ancora non del tutto praticate in Italia.
Imprese più virtuose: private, piccole e tecnologiche
Si conferma l’It come il settore più meritocratico. Gli informatici, che già l’anno scorso testimoniavano il riconoscimento della leadership e della meritocrazia in azienda nel 59% dei casi, nel 2015 balzano al 67%.
Buona performance della Distribuzione (da 53% a 59%). Ancora indietro Manifattura e Servizi (da 55% a 56% con un miglioramento di un solo punto percentuale rispetto al 2014). La performance dei servizi It è spiegabile attraverso la tipologia di lavoro e l’attenzione allo sviluppo delle persone; da tempo, infatti, le “netcompanies” dominano le classifiche di migliori luoghi di lavoro di Great Place to Work® in tutto il mondo.
Un dato interessante è relativo alla dimensione delle organizzazioni: sono più meritocratiche le piccole e medie aziende rispetto alle grandi organizzazioni. È intuibile come in aziende più grandi e disperse sul territorio sia più difficile mantenere processi meritocratici rigorosi e omogenei. D’altro canto le grandi aziende (con più di 500 collaboratori) hanno maggiori risorse da investire per lo sviluppo delle proprie persone e per sistemi di valutazione delle performance che evidentemente non sfruttano ancora a pieno.
Ancora elevato il gap da colmare
Confrontando i dati di queste aziende con un campione della popolazione italiana rilevato da Doxa 2.0 lo scorso anno, notiamo anche nel 2015 che le aziende che hanno collaborato alla ricerca siano molto più avanti rispetto alla media nazionale. Hanno un management credibile e processi meritocratici maggiormente riconosciuti dai loro dipendenti rispetto all’indagine su un campione casuale nazionale (+19% nei confronti del settore privato e +36% nei confronti del settore pubblico).
Ancora elevato è il gap da colmare con i migliori luoghi di lavoro italiani, prevalentemente multinazionali di origine straniera, che hanno valori attorno al 70%, in media, e all’80% se guardiamo ai migliori dei migliori: le top 3. Anche i confronti con l’estero sono abbastanza sconfortanti: 76% in Europa e 80% per le migliori aziende del mondo. Il gap da colmare per competere sul mercato del lavoro globale per le aziende made in Italy è quindi tra il 15% (le migliori in Italia) e il 25% (le migliori nel mondo). Solo colmando questo gap sarà infatti possibile attrarre talenti esteri e fermare la fuga dei nostri talenti all’estero.
I quattro ambiti di valutazione
Guardando ai dati di dettaglio migliora il riconoscimento della competenza manageriale (+4%), segno che i nostri manager sono bravi nel loro mestiere.
Si riducono i favoritismi in azienda (-3%), aumenta il riconoscimento di promozioni “giuste” (+3%) e la percezione di ricevere una parte equa dei profitti dell’organizzazione (+3%). Ad onor del vero questi ultimi due dati, sebbene in crescita si attestano ad un modesto 42% e 37%.
Il dato che fa però riflettere, unico a decrescere, è relativo alle assunzioni. Il 61% degli intervistati sostiene che l’azienda assume le persone in sintonia con i valori e la cultura aziendali, in decrescita del 2% rispetto alla scorsa rilevazione. Sebbene il dato non sia basso, è probabile che i nostri sistemi di selezione, troppo spesso basati su relazioni e amicizie, sono solo raramente demandati ai professionisti di settore.
Per quanto riguarda la curva della meritocrazia lungo la vita aziendale, i dati internazionali testimoniano come i giovani riconoscono leadership e meritocrazia all’interno delle organizzazioni di appartenenza, con il tempo questo riconoscimento si affievolisce per poi risalire nelle ultime fasi della vita lavorativa. In Italia questo non succede, si parte sempre abbastanza convinti, ma poi questa convinzione cala per non rialzarsi più ed attestarsi attorno al 50%. Il dato segnala quanto in Italia la mobilità del lavoro sia ancora molto bassa e, sebbene il proprio sforzo non venga riconosciuto, non c’è spazio o voglia per andare altrove.
Lezioni da imparare
L’osservatorio sulla meritocrazia e leadership, come molti dei dati economici che stiamo leggendo ultimamente, ci restituiscono segnali di crescita e timida speranza. Abbiamo ancora molto da imparare anche da aziende italiane che, sebbene con quartier generale all’estero, assumono professionisti in sintonia con la cultura delle loro organizzazioni, li valutano oggettivamente, investono sul loro sviluppo e ne premiano i successi in termini economici e non. Perché nelle aziende di matrice italiana non succede così frequentemente?
Probabilmente perché non siamo abituati a pensare che persone ben selezionate, motivate e supportate nella loro crescita professionale, portino il benessere,finanziario delle aziende. E ci sbagliamo.