Il problema è culturale
- 10 ottobre 2016 Chi siamo Comunicati
La meritocrazia in Italia è un vero e proprio problema culturale, sia nel pubblico sia nel privato. Per questo è necessario un intervento politico ed educativo forte e coerente, una vera Agenda per il merito che tocchi contemporaneamente diverse aree della vita economica e sociale del Paese.
Dal mercato del lavoro all’educazione, dalla fiscalità alla giustizia, dalla Pubblica amministrazione alle banche, dal settore immobiliare alla libera concorrenza. In assenza, il Paese non potrà mai crescere in modo stabile, nemmeno con importanti politiche keynesiane o di svalutazione della moneta; e a pagarne il conto saranno i giovani e i meno rappresentati.
La meritocrazia in Italia è un tema così caldo da intaccare non solo alcuni settori della società, ma da essere un vero e proprio problema culturale sia nel pubblico sia nel privato. Spesso i mass media parlano di raccomandazione e clientelismo che sono, però solo esempi visibili di un problema più profondo e ramificato. Per questo motivo è necessario un intervento politico ed educativo forte e coerente, una vera Agenda per il merito che tocchi contemporaneamente aree diverse della vita economica e sociale del Paese, dal mercato del lavoro all’educazione, dalla fiscalità alla giustizia, dalla Pubblica amministrazione alle banche, dal settore immobiliare alla libera concorrenza. In assenza di questa Agenda, il Paese non potrà mai crescere in modo stabile, nemmeno con importanti politiche keynesiane o di svalutazione della moneta; e a pagarne il conto saranno i giovani e i meno rappresentati.
Per perseguire questo progetto ambizioso è importante iniziare da alcuni precisi interventi che costituiscano i primi passi per lo sviluppo di una cultura del merito. Il primo settore importante da considerare è sicuramente la scuola. Pubblica o privata che sia, la scuola è il principale strumento di mobilità sociale, valorizzazione e sviluppo del talento delle persone. A ciò aggiungiamo che nel mercato del lavoro odierno, il capitale umano è diventato sempre più importante per il successo delle persone e delle aziende; un capitale umano formato da varie componenti fra cui le competenze tecniche, linguistiche, informatiche, digitali, scientifiche, le soft skills o life skills (etica, capacità di comunicazione, teamworking, creatività, problem solving …).
Possederle contribuisce non solo al successo nel mondo del lavoro, ma anche a creare dei buoni cittadini. Nella scuola, e in primis nell’università, si devono quindi strutturare dei programmi didattici che promuovano la conoscenza e l’apprendimento di tali skill.
Per aumentare la capacità delle istituzioni didattiche di trasferire tali competenze, si possono suggerire due modalità operative: il mentoring da parte di professionisti di eccellenza, con attivazione di percorsi anche di giveback; e l’alternanza scuola-lavoro alla tedesca, ovvero con periodi in azienda alternati a periodi di studio. Sono programmi assolutamente indispensabili negli atenei, ma andrebbero diffusi anche nella scuola dell’obbligo.
Il capitale umano è quindi fondamentale per il successo delle imprese e in generale delle organizzazioni. Aziende di successo sono un altro importante strumento di diffusione della cultura del merito in quanto capaci di riconoscere alle persone i propri meriti sotto forma di compensi economici e non. Affinché il capitale umano sia sviluppato al massimo, però, serve innanzitutto che vi sia fiducia nei leader che guidano le aziende, nei propri colleghi e nei propri collaboratori; una fiducia che deriva da processi strutturati di ascolto, selezione, valutazione e gestione delle persone capaci di apportare le giuste competenze e garantire i corretti sistemi di reward. Il primo passo, dunque, è quello di misurare la percezione di fiducia e di meritocrazia nell’azienda. Molto spesso in Italia si invoca il leader solitario che incarni da solo il successo, magari tramite collaboratori di fiducia; la scelta delle persone che entrano in azienda non può però prescindere da criteri e modalità che siano condivisi da tutti.
La meritocrazia in azienda non può che partire dalla selezione e dalla conferma dei propri leader. Una selezione basata su metodi strutturati e processi organizzativi, però, non può e non deve fare affidamento solo su attestati formali o su endorsement di particolari portatori di interesse. Il requisito principale è la verifica dei risultati dei candidati, positivi e non, con tecniche di performance assessment. Questi processi devono partire dall’organo di amministrazione dell’azienda, il consiglio di amministrazione. I propri membri devono essere selezionati e valutati per il contributo individuale e per quello che portano al collettivo. L’uomo solo al comando non funziona più.
La scarsa meritocrazia è la principale motivazione per cui i nostri migliori talenti lasciano l’Italia (dati Fondazione Toniolo). Allo stesso modo, studi organizzativi mostrano che, nella scelta dell’azienda in cui lavorare, le persone guardano al brand, ma spesso vanno via se non trovano adeguati responsabili.
Nell’attesa che in Italia si diffondano meritocrazia e buoni leader, non possiamo che dotarci di strumenti di attrazione dei talenti, italiani e non. In tal senso la legge 238/2010 e successive vanno adeguatamente potenziate nell’ottica di attrarre giovani ad alto potenziale che portano reddito, competenze, esperienze e una serie importante di preziosi beni intangibili necessari per diffondere la cultura del merito. Da questo punto di vista, chi ha cambiato Paese, cultura, relazioni, ha spesso una marcia in più.
Infine, sono necessarie politiche fiscali e norme che incentivino chi quotidianamente crea valore tramite la propria attività imprenditoriale, professionale, accademica e di ricerca a scapito di chi semplicemente gestisce monopoli, patrimoni e risparmio. Perché questo succeda servono tassazioni progressive e sui lasciti ereditari, politiche di liberalizzazione, maggiore flessibilità sul mercato del lavoro, tempi certi per burocrazia e giustizia. Tutto ciò che possa disincentivare le rendite di posizione e i diritti acquisiti, soprattutto se spropositati, e possa valorizzare le eccellenze a dare opportunità a tutti. Infine serve che la famiglia sia tutelata, in particolare per aumentare il tasso di natalità depresso, e perché da lì partano le condizioni affinché vi siano reali pari opportunità per le donne nel mercato del lavoro.