Chiudiamo anche il 2022 in fondo alla classifica del merito

L'ottava edizione deI Meritometro, nell'anno di incertezza e ripresa post pandemica, conferma l’Italia ultima in Europa: pesano i gap sulla qualità del sistema educativo e le pari opportunità. Serve una governance competente e “di sistema” per il merito.

l Meritometro 2022, presentato in occasione della 6° Giornata Nazionale del Merito, si inserisce nel dibattito - divenuto di recente sempre più acceso, specie nel nostro Paese - sul ruolo del merito nell’economia e nella società, offrendo misurazioni oggettive delle performance basate su fonti ufficiali, dati e comparazioni internazionali. Un lavoro di analisi portato avanti, senza soluzione di continuità, dal 2015, anno di presentazione della prima edizione del ranking europeo del merito al Senato della Repubblica. 

Le incertezze europee con l’Italia fanalino di coda 

È a tinte fosche lo “stato del merito” fotografato dal barometro messo a punto dal Forum della Meritocrazia (FdM) in collaborazione con L’Università Cattolica di Milano. Nel vecchio continente, alle prese con il post pandemia, le tensioni geopolitiche e la crisi energetica, peggiorano le “pari opportunità” e la “qualità del sistema educativo”, con crescenti difficoltà degli stati nel garantire un ecosistema favorevole allo sviluppo delle competenze e delle opportunità, soprattutto per giovani e donne. 

Pur confermandosi un’Europa a più velocità, con i paesi scandinavi in testa alla classifica, alcuni segnali di “cedimento” si riscontrano anche nel novero dei paesi tradizionalmente “forti” come Danimarca, Germania e Gran Bretagna a riprova del fatto che l’attuale fase di prolungata emergenza finisce per penalizzare le politiche di medio periodo finalizzate a costruire un sistema economico e sociale più equo e capace di guardare al futuro, creando opportunità attraverso la valorizzazione del talento. 

In questo contesto, l’Italia continua ad essere “fanalino di coda” e, con un punteggio di soli 25,48 punti su 100, si conferma ultima, sia nel ranking complessivo, sia nelle valutazioni sui singoli “pilastri” del merito misurati dall’indicatore del FdM. Ben 43 punti ci separano dalla prima in classifica (la Finlandia) e più di 9 punti dalla penultima (la Polonia). I maggiori gap rispetto alle medie comunitarie si riscontrano sulla “qualità del sistema educativo” e sulla “trasparenza” seguiti dalla “libertà”, dalle “regole”, dall’”attrattività per i talenti” e dalla “mobilità sociale”. 

I risultati per l’Italia nel 2022 

Meno di un punto percentuale, a tanto ammonta l’incremento registrato dal nostro Paese nel 2022. Risultato “incoraggiante”, ma non sufficiente a decrementare il nostro “stock” di debito meritocratico accumulato nel tempo. Ma veniamo alle principali variazioni registrate nel corso dell’ultima rilevazione. In crescita i risultati del pilastro relativo alla libertà: come ci ricordano la Heritage Foundation e il Wall Street Journal, in Italia la libertà monetaria, la libertà commerciale e la libertà di investimento sono forti, ma la nostra economia rimane ancora “pesantemente gravata dalla spesa pubblica”. 

Si consolidano i risultati positivi sul fronte della trasparenza. Cresce la fiducia internazionale nei confronti del nostro Paese, anche se siamo ancora lontani dalla media Ue. Secondo Transparency, la sfida principale da affrontare nei prossimi anni è rappresentata dalla “piena attuazione del PNRR che richiede la massima attenzione per evitare i rischi di corruzione”.

Anche la qualità del sistema educativo cresce (di poco), ma il nostro sistema educativo resta al di sotto delle medie comunitarie di ben 13 punti nel raggiungimento di titoli di studio superiori e di 3 punti sugli abbondoni scolastici. Dati preoccupanti ai quali vanno sommati quelli recentemente diffusi da Istat (Rapporto SDGs 2022) che sottolinea il fenomeno della dispersione implicita, particolarmente rilevante nel Mezzogiorno, che coinvolge “giovani a forte rischio di esclusione sociale, difficilmente in grado di elaborare le informazioni a loro disposizione”.

Negative le performance sulle pari opportunità. Il sistema Italia continua a non essere sufficientemente in grado di garantire ai giovani l’accesso alla formazione e un’adeguata transizione al mondo lavorativo. Il tasso di NEET, sebbene in lieve miglioramento rispetto allo scorso anno, ci posiziona all’ultimo posto tra gli stati europei. Il distacco dalla media comunitaria è di oltre otto punti e sale addirittura a dieci punti prendendo in considerazione le sole giovani donne. Sul versante di genere, perdiamo tre posizioni nella classifica dell’Economist sul “Glass ceiling index” a causa degli andamenti negativi registrati nel tasso di partecipazione al lavoro e del gap retributivo delle donne rispetto agli uomini. Resta stabile, ma al di sotto della media OCSE, il numero di donne in posizioni manageriali (27.3%), mentre il risultato delle donne nei “board” (38.8%), ci posiziona al di sopra della media anche se - come ricorda l’Istat - le donne che ricoprono posizioni apicali restano ancora un’esigua minoranza: amministratore delegato (1,9%), presidente (3,5%).

Le priorità e l’esigenza di una “governance del merito”

Dall’insieme di questi risultati e dalle tendenze registrate nelle precedenti edizioni del Meritometro, emergono alcuni ambiti prioritari di intervento e investimento, sui quali è auspicabile anche un “meritocratico” utilizzo delle risorse del PNRR. Al primo posto la “qualità del sistema educativo”, come leva principale per riattivare la mobilità sociale, da tempo ferma nel Paese, insieme ad azioni concrete per non perdere i tanti, troppi, talenti in fuga verso lidi più “meritocratici”. Il secondo ambito d’azione è la semplificazione dell’assetto regolatorio e l’efficientamento della PA, quali precondizioni per generare condizioni di contesto più trasparenti e favorevoli alla crescita. Last but not least, bisogna agire per la diffusione delle pari opportunità nelle organizzazioni, per superare i tanti “soffitti” di cristallo che impediscono ai giovani e alle donne di avere un’adeguata valorizzazione dei propri meriti in ambito lavorativo. 

Si tratta di priorità che possono essere affrontate concretamente, agendo su più fronti ed in modo integrato. Le campagne di comunicazione e sensibilizzazione sul merito (in una logica nudge) sono importanti, e devono servire anche a mettere in rete le buone pratiche. Ma non basta, è necessario misurare, valutare e confrontare i risultati via via raggiunti, per dimostrare “dati alla mano” che il merito “conviene” a tutti e, soprattutto, bisogna agire “dal basso”, nelle singole organizzazioni, superando la logica del “progetto speciale”, perché il merito è (o, meglio, dovrebbe essere) “normale”. Per farlo è necessaria una governance “di sistema”, che puntando su sussidiarietà, cooperazione e dialogo, sappia valorizzare le tante energie e competenze (in primis manageriali) presenti nel «pubblico», nel «privato» e nel «terzo settore» e che, nel rispetto delle diverse responsabilità e specificità, sia in grado di farle agire in modo sinergico nel comune obiettivo di rendere (finalmente) l’Italia, un paese meritocratico.

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