I Greci sì che erano veri maestri del merito!

Una cultura dell’axios, un’axiocrazia, per azzardare un termine greco dimenticato rispetto al ben più noto “meritocrazia”, sostrato di una cultura che smuove l’economia, una questione tutta mediterranea e di matrice greca.

Già i sofisti, ampiamente riabilitati all’interno del pensiero filosofico da Diels fino agli studi degli anni ’80 del Novecento, in particolare quelli di Mazzara, ma anche Mourelatos, Casertano, Trabattoni e Bonazzi (nomi di primissimo livello nel panorama della filosofia antica), concedevano il loro sapere “a pagamento”, anzi Protagora proponeva una regola del “soddisfatti o rimborsati”: gli scolari pagavano solo in caso di lezioni soddisfacenti. I poeti, prima dei sofisti, si battevano per l’axiocrazia, per una cultura che riconoscesse ampio valore alla loro professionalità, al loro essere artigiani del verso. Il mercato del sapere, però, potrebbe esser nato coi sofisti. Gorgia era un professionista della comunicazione, un intellettuale di tale grandezza da aver subito un processo di allusione retorica alla maniera di Cicerone: si diceva infatti “fare il Gorgia”, fare cioè l’oratore alla maniera di Gorgia, coniugando retorica e poesia, come già affermato da Roland Barthes. Platone e Senofonte dissero che Socrate si esprimeva alla maniera gorgiana e addirittura Filostrato affermò che Aspasia (prima, e forse unica, sofistessa, secondo il lessico Suda) formò il suo compagno Pericle “alla maniera di Gorgia”. Il sofista, campione di comunicazione e di periautologia (autopubblicità per dirla in termini più attuali), era un buon filosofo e un buon avvocato capace di difendere l’impossibile, come la femme fatale Elena e il traditore Palamede, mettendo un prezzo alla sua sophia: probabilmente 100 mine a lezione e Platone ricorda che Protagora era pagato ancor più di Gorgia, forse anche più dello scultore Fidia. Il Gorgia comunicatore fu un maestro di spot di lancio, come nel caso del suo discorso in difesa del logos: «un potente dinasta, che con corpo piccolo ed invisibilissimo, compie azioni veramente divine; può infatti far cessare il timore, togliere il dolore, produrre gioia e accrescere la compassione», un farmaco capace di risolvere tutto. Gorgia fu anche un cultore della civiltà delle immagini da farsi costruire una statua a Delfi (o a Olimpia secondo altre fonti), mostrando di essere anche lui succube della «dolce malattia per gli occhi», «di quel godimento prodotto da dipinti e statue». Un godimento che poteva permettersi in quanto, secondo Isocrate, era davvero molto ricco, anzi probabilmente «dedicò gran parte della sua vita ad arricchirsi, non abitando in nessuna città stabilmente e non versando imposte», non perché fosse un evasore, ma perché il professionismo culturale, nell’antica Grecia, aveva ancora un valore e un’utilità sociale riconosciuta. E la ricchezza era tanto più consistente a seconda del merito. Socrate, nell’Ippia Maggiore di Platone, si fa un po’ commercialista dei sofisti e di Gorgia ricorda: «venne qui e davanti al popolo ottenne gran fama con i suoi ottimi discorsi e in privato, tenendo conferenze con i giovani, guadagnò e ricavò molti soldi da questa città».
I Greci fondavano la loro società sulla meritocrazia (quella del corpo, per gli atleti e quella della mente, talvolta anche in competizione fra loro). Pitagora sceglieva in base al merito: «Specificamente egli credeva necessario indirizzare gli sforzi verso le scienze e gli studi e stabilire, per i suoi discepoli, prove svariatissime e castighi… Prove, premi e castighi da imporre all’anima col massimo rigore». (Sulle professionalità e sulla comunicazione rimando agli studi di De Martino per i tipi di Levante, in part. quelli sulla pubblicità nel mondo antico e alla nota pubblicazione su Poesia e pubblico nella Grecia antica di Gentili).
Da ultimo segnalo la pubblicazione di Stefania Giombini, presentata durante la sessione Eleatica 2013, che offre uno sguardo complessivo e riassuntivo sul Gorgia epidittico, inserendo un denso commento filosofico a margine. Un commento che ci permette di orientarci meglio nella complessa figura del sofista, fra i professioni più pagati per il suo axios (merito), insieme a Prodico e Ippia, come ricorda Platone.
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I Sofisti, a cura di Mauro Bonazzi, prefazione di Franco Trabattoni, Bur, Milano, pagg. 452, € 13,00
Francesco De Martino, Antichità e pubblicità, Levante editori, Bari,
pagg. 878, € 75,00
Franco Trabattoni, Gorgia e Platone. Parola e ragione, Milano, pagg. 110, € 6,20
Stefania Giombini, Gorgia epidittico, Aguaplano, Perugia, pagg. 288, € 20,00

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