Serve la cultura del merito

Le cronache raccontano spesso di quanto possa essere difficile il rapporto tra imprenditore e manager. Perché il primo fa fatica a delegare in un mondo che considera il proprio, perché il secondo non sempre conosce le dinamiche proprie di una impresa familiare. Le ricerche mostrano, però, che aprire l’azienda a professionisti non familiari favorisce la crescita dell’impresa. Ecco alcune regole perché la managerializzazione abbia successo.

La prima condizione perché la managerializzazione porti valore aggiunto è la rigida osservanza di una cultura del merito. Quando una famiglia accoglie fra i suoi valori quello della meritocrazia, le scelte che afferiscono la relazione con l’impresa, quelle di configurazione della governance e quelle di managerializzazione sono assunte più correttamente e realizzate più efficacemente. Questo lo dimostra la ricerca, la pratica aziendale nonché le vicissitudini di tanti casi studiati in prima persona. Premiando il merito si compiono scelte chiare. Si evita ai familiari e ai loro discendenti di coprire posizioni nella governance e in azienda per le quali non hanno le attitudini, le capacità o le competenze. Si trattano i familiari che fanno il loro ingresso in azienda come gli altri dipendenti, tenendo debitamente conto della posizione ricoperta. Infine, si gestiscono le decisioni che riguardano i manager non familiari avendo in mente la necessità di selezionare figure preparate, forti e adatte a ricoprire ruoli di responsabilità, nonché in grado di lavorare in un contesto in cui la famiglia proprietaria è più o meno coinvolta nella gestione aziendale. Una cultura del merito, poi, induce la proprietà a valutare le persone non solo in base al grado di fedeltà che hanno verso la famiglia, ma anche in base alla qualità di contributi che esse realmente apportano alla vita aziendale e per il successo dell’impresa.

Alcune imprese familiari che per la prima volta affrontano seriamente il tema della managerializzazione sottostimano il cosiddetto “fattore attrattività” che influenza il processo decisionale dei candidati a una specifica posizione. Tale fattore dipende non solo dall’entità del pacchetto retributivo proposto, dal ruolo specifico che viene offerto al candidato e dal titolo su un biglietto da visita, ma anche da altri parametri che un talento manageriale vero soppesa quando valuta delle alternative di lavoro, e che è bene che un’impresa familiare abbia ben in mente ogni qual volta si presenta sul mercato per una selezione.

In particolare l’attrattività dell’impresa dipende anche dalle caratteristiche di ambizione e innovazione del progetto strategico che essa desidera conseguire; dalla qualità e dall’organizzazione dei processi decisionali; dalla linearità dell’assetto organizzativo e dalla coerenza fra lo stesso e le sfide strategiche che l’impresa si pone; dal grado di sofisticazione raggiunto nei sistemi di pianificazione, budgeting e controllo; dalle modalità di gestione delle risorse umane, da quanto si presta alla cura della formazione continua dei manager, per esempio; e dal ruolo della famiglia nell’impresa e dalla visione di sviluppo che intende perseguire in quanto agente imprenditoriale. Se l’impresa è percepita sul mercato come non attrattiva, la managerializzazione è oggettivamente un processo più difficile da realizzare. E l’inserimento di nuove figure nel vertice aziendale, magari per la prima volta oppure in sostituzione di familiari che lavorano storicamente in azienda, rischia solo di produrre risultati indesiderati o la selezione di persone che non sono poi così talentuose come ci si aspettava.